ERASMO DA ROTTERDAM – De pueris statim ac liberaliter instituendis – La formazione precoce e liberale dei bambini (1529).
La lungimiranza di Erasmo, così come quella delle più grandi menti del medesimo periodo, è emersa in molti ambiti della cultura. Umanista di primo piano, e instancabile viaggiatore, ha conosciuto le personalità più rilevanti del suo tempo (un nome fra tutti: Thomas Moore). Nella sua opera emergono i temi che contribuiranno a fondare la modernità per penetrare poi nella nostra cultura contemporanea.
La riflessione di Erasmo porta in superficie i grandi conflitti del suo tempo cercando una strada per la sintesi: il riformismo e il contro riformismo, la cultura borghese e quella della nobiltà e del clero, l’apertura verso l’empirismo e la tensione verso la trascendenza, la nascita della tolleranza verso modelli e istanze culturali diversi, che proprio in quegli anni l’Europa stava scoprendo, e le violente lotte religiose e politiche.
Le tensione tra queste tendenze contraddittorie investe tutta l’opera erasmiana anche quando il pensatore affronta il problema dell’educazione nell’opera De pueris statim ac liberaliter instituendis (trad. La formazione precoce e liberale dei bambini).
Lo scritto, che risale al 1529 e fu considerato da Piaget una delle opere pedagogiche fondamentali, fu dedicato dal suo autore al Principe di Cleves per la nascita di sua figlio. In tale contesto si potrebbe parlare di un libricino legato ad una circostanza mondana che mostra un tono encomiastico. Ma così non è.
E allora, che cosa ci spinge ancora oggi a leggere il De pueris? In cosa consiste l’attualità del suo messaggio?
Per rispondere a queste domande occorre partire da ciò che ha originato la riflessione di Erasmo: l’uso della violenza fisica all’interno delle scuole e, in generale, nell’educazione dei fanciulli. Egli sottopone a dura critica l’uso della violenza attribuendola (e in questo sta la modernità della sua riflessione) non solo all’inettitudine e all’incompetenza dei maestri, ma soprattutto al modello pedagogico di riferimento accettato sia nelle scuole protestanti sia in quelle gesuitiche. Un ulteriore elemento di critica è l’assoluta mancanza di metodo all’interno delle scuole. Un metodo che avrebbe dovuto garantire a tutti l’accesso al sapere. Ma qual è la chiave di volta di questo metodo? Questa chiave è la lingua. Come per Comenio, e molto tempo prima per Agostino, la lingua è lo strumento principe della conoscenza.
Siamo così arrivati al secondo punto a fondamento della modernità della visione erasmiana: l’uomo per sua natura tende alla conoscenza.
Detto ciò, in relazione ai fini dell’educazione, si gettano le basi per il principio dell’uguaglianza delle opportunità (anche se per ora si esclude l’accesso all’istruzione della donna). Tale principio costituirà l’orizzonte verso cui tenderanno i sistemi educativi europei nel Settecento dietro la spinta delle idee dei philosophes. Secondo Erasmo la naturale dinamica dell’uomo verso la conoscenza deve essere sostenuta e corretta mediante l’attività educativa. Quindi accanto alla fiducia verso la bontà della natura umana troviamo anche la fiducia verso l’istruzione come mezzo di perfezionamento e di crescita. La definizione dell’attività educativa si fonda su tre principi: la natura, la ragione e l’esercizio. L’uso della ragione e il costante esercizio incidono sull’apprendimento orientandolo verso la natura.
Così arriviamo al terzo punto, molto più vicino alla pratica didattica: l’importanza dell’adattamento dei codici comunicativi alle caratteristiche specifiche dello studente. Erasmo parla di caratteristiche che poi nel Novecento verranno assorbite dall’espressione sviluppo cognitivo a seguito della nascita della psicologia. Il maestro deve comprendere le caratteristiche naturali dell’allievo e, in seguito, proporre a questi delle attività prevalentemente pratiche e interessanti sin dalla tenera età.
In tale prospettiva, Erasmo riconosce il fanciullo come figura pedagogica peculiare e interdipendente rispetto a quella dell’adulto. Ciò costituisce una novità estremamente importante rispetto agli studi a venire. A tale riconoscimento l’umanista aggiunge l’importanza per il maestro di piegarsi ed aiutare il fanciullo. L’atto del piegarsi, tuttavia, non è ancora lo scaffolding di Bruner poiché Erasmo non riesce ad immaginare l’adeguamento dei contenuti alle possibilità degli alunni. Il curricolo degli studi infatti è uguale per tutti e ciò che costituisce l’oggetto dell’adattamento è unicamente il linguaggio che si riferisce non solo alla lingua storico naturale ma anche ad una serie di codici comunicativi che diventano veri e propri mediatori dell’apprendimento. Questo elemento di assoluta modernità, oggi costituisce la principale spina nel fianco dei sistemi educativi: fino a che punto è necessario adattare il curricolo comune a ciascun alunno? Quali sono gli standard? Come permettere a tutti gli alunni di raggiungere i medesimi standard educativi nel rispetto delle diversità dei singoli?
Nel Cinquecento, in piena rivoluzione culturale, Erasmo pone in luce il paradosso educativa che giungerà fino a noi: educazione come conformismo culturale oppure come creatività e rispetto dei singoli talenti?
I sistemi di istruzione hanno alternato questi modelli nel corso del Novecento non sempre con la medesima fortuna. Oggi è difficile dire quale di queste linee abbia avuto la meglio. Forse nessuna delle due. Quello che abbiamo davanti non è più un sistema educativo coerente che si muove all’interno di un orizzonte pedagogico ma qualcosa di caotico in cui la pedagogia è stata letteralmente sommersa dalla religione della tecnica e dal progettismo fine a se stesso.
Abbiamo ancora molta strada da fare per raggiungere Erasmo.
Marco Matteo.
Per saperne di più: http://doc.studenti.it/riassunto/padagogia/5/erasmo-rotterdam.html
http://www.europeana.eu/portal/it/record/9200332/BibliographicResource_3000095428830.html